Il tema della durabilità dei pavimenti è tornato fortunatamente in auge, ma c’è ancora un pò di confusione sull’argomento.
Infatti, nonostante la ricerca della #durabilità sia diventato un mantra, non è molto chiaro cosa renda durevole un pavimento.
Il pavimento è un investimento
Perchè parliamo di investimento?
Riflettiamoci insieme. Un immobile è sempre un investimento, sia che venga comprato, sia che venga realizzato ex novo.
Nel mondo industriale questo investimento coincide con un ampliamento aziendale – a meno che non sia una speculazione immobiliare, ma non è questo il caso. Ed il principale scopo che si vuole raggiungere in questi casi è un aumento della produttività e della marginalità.
Il nuovo stabilimento, il nuovo magazzino, la nuova sede dev’essere pensata per mantenere la massima produttività possibile, spendendo il meno possibile – qualcuno direbbe il giusto- per ottenerla. Quali sono le voci su cui è meglio non risparmiare? Su tutto quello la cui scarsa durata nel tempo vada ad inficiare sulla produttività. Tutti sappiamo che comprare un motore poco affidabile, seppur economico non è un grande affare.
E si badi bene, alla fine sono pochi gli elementi che se deteriorati vanno davvero ad inficiare sulla produttività. Il pavimento è tra questi. Infatti è il manufatto edilizio maggiormente sottoposto all’usura, ed in quanto tale è fisiologico che nel tempo possa perdere le proprie prestazioni. Questo avviene perchè è un elemento sottoposto ad usura continua nell’esercizio delle sue funzioni.
Esiste infatti un’usura non prevedibile dovuta ad incidenti, inferenze, danneggiamenti, ed una prevedibile dovuta all’esercizio che può e deve essere prevista. Esattamente come prevediamo la vita utile di uno pneumatico o delle pastiglie dei freni. E se non calcoliamo quest’usura di esercizio, che si andrà a sommare a quella non prevedibile – ma stimabile-, la produttività si ferma. In base a cosa si stima l’usura d’esercizio? In base alla Destinazione d’uso dello stabile.
E questo è un’altro punto da considerare. Un pavimento ammalorato rallenta o blocca la produzione.
Per questo quando l’usura è troppa, il pavimento va ripristinato, per non ledere la produttività. Il ripristino però è sempre difficile, costoso e richiede tempo e a volte il fermo delle attività. Ed è qui che investire in qualità si rivela un investimento.
E la qualità è definita da prestazioni e durata. Ma questi due elementi non sono simmetrici, anzi a volte sono antitetitici. Pensiamo alle automobili di Formula Uno: nessuno può dire che i loro motori siano poco prestazionali, ma la loro affidabilità è un’altro paio di maniche. Sono motori pensati per funzionare per poche centinaia di chilometri. Questo ci porta a dire che:
la durabilità non è un incognita: viene definita in sede progettuale.
cos’è la durabilità del Pavimento Industriale?
Nell’ambito dei pavimenti industriali la durabilità del pavimento è definito in modo scientifico e dovuto ad un elemento in particolare, ossia lo strato d’usura.
E’ una cosa che può sembrare banale, eppure se si guarda al mercato, sembra esserci una grande confusione. Anche i professionisti più preparati tendono a focalizzarsi su aspetti che, per quanto importanti non caratterizzano la durabilità di un pavimento. La durabilità non è data dalle prestazioni in sé – ci sono delle prestazioni specifiche ma le vediamo piu tardi – nè dalla mancanza di difetti. Quest’ultimo è un bias cognitivo piuttosto diffuso ma del tutto sbagliato.
E’ vero che la presenza di difettosità inficia la durabilità, ma questo è un dato di fatto. Il fatto che una gomma dell’ auto sia bucata e vada cambiata, non significa che le altre tre integre dureranno per sempre. Ora è ovvio che un pavimento difettoso avrà una vita breve, ma in questo caso siamo davanti ad un eccezione che non ci aiuta minimamente. A noi interessa capire la durabilità di un pavimento esente da difetti. Da dove possiamo partire?
Il tempo di Vita Utile
Un buon modo è definire al durabilità in funzione di un nuovo parametro, ossia il “tempo di vita utile”, ossia quello che trascorre dalla consegna al momento in cui, a causa delle sue condizioni, lo svolgimento delle attività previste sarà inficiato. Questo “tempo di vita utile” però non può essere aleatorio: andrà calcolato sulla base dell’usura di esercizio e su una stima, anche minima dei danni da eventi imponderabili. Ed ovviamente in questo calcolo vanno inseriti ” cum grano salis” anche eventi non “di esercizio” ma prevedibili. Per esempio è prevedibile che una pavimento in esterni possa bagnarsi, o essere sottoposto a temperature estreme anche se il suo “esercizio” non lo prevede.
Ma cosa significa inficiato? Questo è un’altro parametro da valutare in base alla ” destinazione d’uso”. Perchè ci sono attività in cui un degrado anche grave può essere poco impattante, – un officina meccanica – ed altre in cui un degrado anche minimo è un problema per l’intero impianto, come nelle logistiche e nelle industrie alimentari. Purtroppo, molto spesso, non è chiara la destinazione d’uso di uno stabile e sarà necessario fare una serie di stime.
Tuttavia teniamo sempre in conto che prima o poi a prescindere dalla destinazione d’uso, aumentando il coefficiente di degrado del manufatto si arriverà ad un momento in cui sarà necessario un ripristino, o una demolizione.
Definire la vita utile di un pavimento industriale
La vita utile di un pavimento industriale deve essere lunga, molto lunga. Infatti il concetto stesso di “Pavimento industriale”, implica un manufatto studiato appositamente in base alla destinazione d’uso prevista.In altre parole, è uno strumento progettato per essere funzionale per un lungo periodo di tempo senza manutenzione. Perchè la manutenzione, come vedremo ha costi molto alti, non tanto per gli interventi in se, ma per il fermo delle lavorazioni.
Ma come si valuta la vita utile di un pavimento? E cosa è il pavimento?
Il pavimento è l’unione di due elementi: la piastra portante e lo strato di finitura. Spesso, sopratutto nei pavimenti in cemento, si tende a pensare che il primo elemento sia più importante del secondo. Ma la durata del “pavimento” non è la stessa della piastra; sono due cose diverse.
La durata del pavimento è definita dalle prestazioni e dallo spessore dello strato di finitura. In ambito civile ed abitativo è molto chiaro che è lo strato d’usura è parte del pavimento, ed anzi spesso si cade nell’errore contrario, ossia di non considerare la parte sottostante. Se chiediamo ad un architetto dopo quanti anni andrà sostituito il pavimento a parquet del soggiorno, è evidente che ci stiamo riferendo allo strato di finitura in legno, non al massetto sottostante.
Sui pavimenti industriali lo strato di finitura si chiama strato d’usura – o più propriamente strato anti-usura-, perchè non viene applicato per meri “fini estetici” – che possono comunque essere presenti – ma per garantire la durabilità nel tempo della piastra sottostante.
I Ripristini
Al di la dei termini tecnici, possiamo arrivarci anche riflettendo sulle pratiche di ripristino. Quando andiamo a ripristinare un pavimento industriale con un’intervengo in resina cosa stiamo facendo? Stiamo ripristinando lo strato d’usura. Se dovessimo sostituire la piastra dovremmo demolire il pavimento, togliere i ferri di armatura. per andare a ricostruire la piastra magari per un cedimento strutturale o un fenomeni di Curling. Ma nel 90% andremo a preparare meccanicamente il fondo e applicare un nuovo strato d’usura. Se infatti la piastra è ben realizzata, durerà molto molto a lungo. Ma perchè la piastra va protetta?
In genere uno strato d’usura
Perchè la piastra va protetta?
Perchè il Calcestruzzo – che viene utilizzato nel 99,9% dei casi- è un materiale piuttosto morbido ed è facilmente soggetto all’abrasione per attrito. Ed i pavimenti sono soggetti ad abrasione continua ed al danneggiamento. Ogni giorno è soggetto a fonte di attriti volventi e radenti, ma anche a danneggiamenti incidentali – cadute di materiali, trascinamenti- , aggressione chimica – acidi, basi, aggregati- o termica. Certo, ogni manufatto in CLS ha questi problema, ma il pavimento è un’eccezione perchè è continuamente soggetto a questo stress, per tutta la durata della sua vita.
La piastra va quindi protetta, ed il tempo utile di vita del pavimento è direttamente proporzionale alla qualità dello strato d’usura.
Per comprendere come funzioni il consumo del pavimento, si possono osservare le scale di edifici che abbiamo qualche secolo ma non sottoposti a traffico molto inteso come in questo caso. Possiamo capire che il traffico pedonale non è stato intenso perchè il consumo non è uniformante distribuito – particolare che ci permette di notare il fenomeno-. Nel caso in questione siamo di fronte ad un marmo di Carrara con venature ( 3,5 durezza Mohs) la forma della scala costringe i passanti a preferire il percorso più esterno.
Due sono le conclusioni che ne possiamo trarre. La prima è che anche un traffico pedonale leggero e discontinuo consuma il pavimento.
La seconda è che questo consumo sarà molto più marcato nelle aree di passaggio obbligato ( Corsie, corridoi, collegamenti, ingressi, baie di carico)
La durabilità si sceglie nella fase progettuale
Progettiamo la piastra…
Dunque se la durata del pavimento è direttamente proporzionale alla qualità dello stato d’usura, la durabilità dei pavimenti non deriva da “regole di buona pratica” o procedure da seguire. Viene definita in fase progettuale sulla base della destinazione d’uso.
Sia chiaro però che le regole di buona pratica e le procedure ci sono e vanno rispettate. Un pavimento per essere duraturo dev’essere prima accuratamente progettato. Bisogna tenere conto della portata del sottofondo, calcolata sulla base del modulo di Winkler, e dei carichi previsti. La piastra dev’essere accuratamente dimensionata, armata secondo progetto con un’armatura tradizionale o fribroarmato. La messa in opera dev’essere ben realizzata, il CLS dev’essere gettato e steso con i giusti accorgimenti, si devono tagliare i giunti nei giusti tempi e con i giusti modi. Non seguire queste procedure significa consegnare un pavimento difettoso.
.. E Poi definiamo la vita utile del pavimento
Un pavimento difettoso non è un pavimento durevole. Non ci sono dubbi a riguardo. E’ quindi tutto giustissimo.
Ma immaginiamo di aver fatto un buon pavimento, senza difetti e di consegnarlo al cliente. Questo lo rende duraturo? No. Perchè un buon pavimento, funzionale si consumerà nel tempo e si ammalorerà perchè quello è il suo lavoro. Come un motore di un automobile che dopo centinaia di migliaia di km non avrà più le stesse prestazioni che aveva uscito dalla fabbrica.
Ma esattamente come nel caso dei motori, i progettisti possono scegliere materiali e tecnologie per poterne aumentare la vita media. Nel caso dei pavimenti questo viene fatto studiando lo strato d’usura che è lo strato che protegge il pavimento.
Quando il progettista sceglie lo “strato d’usura” di fatto sceglie quanto durerà la pavimentazione.
Migliore è lo strato d’usura, più duraturo sarà il pavimento, sempre che questo non abbia, come abbiamo detto, dei difetti pregressi. E lo strato d’usura va commisurato alla Destinazione d’uso, quindi al traffico, alla movimentazione, ai carichi, al lavoro che si prevede di fare sulla sua superficie. Si perchè oltre all’usura meccanica esistono altre tipologie di usura: Chimica, termica, ambientale.
Tenendo conto anche della manutenzione
La direttiva del CNR implementata nelle norme NTC2018 inserisce un’interessante novità: il piano di manutenzione. Il progettista non è tenuto ad indicare uno strato d’usura che duri per forza 40-50 anni – è possibile realizzarli tranquillamente – ma è tenuto ad indicare la durata dello strato d’usura ed il suo eventuale piano di ripristino. Può quindi prevedere uno strato d’usura meno performante, ma deve inserire il suo ripristino nel piano di manutenzione. Quindi l’indicazione della durata del pavimento non è solo un dovere del progettista, ma anche un obbligo.
Per approfondire : Lo strato d’usura
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